DI ANTONIO

"ANATOMIA DI UN RITORNO"
Sul mega schermo dello spazioporto di Pisa(un pò di campanilismo non guasta mai),l'annunciatrice non riesce a dissimulare l'agitazione ed un leggero tremito le falsa la voce."Gentili telespettatori esordisce,l'Ente Spaziale Italiano, ci conferma che il grande corpo planetario, entrato nel nostro sistema da qualche anno, ha superato l'orbita di Giove, senza subire particolari danni dovuti alle forze gravitazionali intercorse, soltanto uno dei suoi satelliti è stato catturato dal grande Pianeta, i nostri scienziati smentiti nelle loro previsioni, danno la colpa alla crisi di governo in corso. Intanto il Pianeta intruso al quale è stato assegnato il nome di NIBIRU, preso da un vecchio mito Sumero si sta dirigendo verso la fascia degli Asteroidi". PLIM...PLOM..Annunciamo che tra qualche minuto avrà inizio lo sciopero dei controllori di volo, tutte le partenze sono sospese.....un enorme brusio si eleva dalla sala e qualche imprecazione si confonde con i commenti sulla presunta attività delle mamme dei controllori.Passano i giorni ed i mesi e l'enorme massa di NIBIRU attorniato dai suoi "venti", entra nella fascia, in uno schioccare di lampi dovuti alle forze elettromagnetiche ed in tremendi boati,dirime, strappa, scalza e manda lontano dalla sua orbita una moltitudine di piccoli e grandi asteroidi che come proiettili impazziti si dirigono velocemente verso i pianeti della zona interna, prima Marte poi la Terra. Dopo un breve lancio pubblicitario, l'annunciatrice con voce stentorea,(l'altra era stata licenziata, perchè non infondeva sicurezza) conferma che almeno tre meteoriti di cui uno di notevoli dimensioni 1.800 metri di diametro, si stanno dirigendo verso la Terra, con la quale entreranno in collisione tra meno di una settimana, comunque le migliori menti pensanti sono al lavoro, ed in un clima di grande collaborazione cercano di trovare una soluzione al problema incombente. Sala delle riunioni al Pentagono, una nebbiolina leggera dovuta al fumo delle miriadi di sigarette staziona a circa 120 cm. da terra; il russo esordisce,dopo esser riuscito a togliersi da intorno la gola le nerborute mani dell'americano, .."usiamo i missili atomici che avete installato in orbita con lo scudo spaziale durante la presidenza di "Dabliu" Bush, contro il meteorite più grande, degli altri ben sappiamo che uno cadrà nel Pacifico, e l'altro in Amazzonia, che ce ne frega degli Indios! Ma sei matto risponde l'americano noi non abbiamo nessun scudo spaziale!Passano le ore i minuti i secondi e non c'è via d'accordo. A sedici km di altezza ormai è ben visibile l'enorme massa dell'asteroide che alla velocità di 45.621 km/h sancita dai cronometristi ufficiali, in un immensa palla di fuoco dovuta all'attrito con l'atmosfera, tra pochi attimi si schianterà su di loro. Un boato immane e la Terra si apre e come immense lingue di fuoco il magma schizza fuori, tremendi terremoti squassano e sconvolgono ogni regione esistente, onde gigantesche fanno il giro dei mari portando rovina e distruzione su tutte le coste.Nubi nere di polvere e rigonfie di acqua evaporata si addensano nell'atmosfera oscurando il sole e dopo un attimo interminabile di silenzio uno schianto inimmaginabile da il via ad una pioggia gigantesca, che porta via e sommerge tutte le vestigia di quella stolta civiltà. Enuma Elish...lassù nell'alto... gli Dei e gli Igigi,guardano sconsolati ed impotenti ed un coro unanime si alza "L'E' TUTTO DA RIFARE". E come per magia misteriosamente sulla Terra dalle rovine dello spazioporto di Pisa si leva un suono PLIM...PLOM.

 DI  SILVY

                        Dove sono i miei ricordi?

Dove sono i miei ricordi?

In quali meandri sono celati?

Lo sento mi appartengono!

Ma non ricordo come fare!

Ho cercato ovunque,

ho seguito l’arcobaleno fino

alla sua fonte.

Dentro nel rosso caldo c’è la soluzione,

ma ancora non l’afferro.

 

Sono finita in una tombola

Tutti questi numeri che mi

Fanno girare la testa!

All’improvviso la ruota

Si ferma ed afferro il significato

È uscito il numero tre!!!

I numeri non sono divisi

L’unione e l’amore hanno

la loro importanza.

 

mi faccio forza

 

Quanta terra i miei piedi hanno calpestato

Quanta gente ho incontrato

Quanti mari ho attraversato

Quanto corpi vissuti

Sono vecchia

Ma la mia saggezza

È andata persa.

 

Guardo verso l’orizzonte

Un sole rosso e caldo mi riconosce

Mi saluta e mi dice: ben tornata!!!

Lo guardo e una voce silenziosa

Mi dice vedrai che capirai

Che ce la farai

Abbi fede!!

Vivi nell’amore

E non avrai fine

 

Devo attraversare il mare

Se voglio tornare

Ma la paura mi assale

Quanti mostri

Dovrò incontrare prima di giungere

A destinazione.

Mi faccio forza

E mi immergo

Mille sensazioni mi pervadono

Sono spaventata!

Ma riconosco

I posti, le persone, i gesti

E piano piano

Arriva la luce

Mio padre mi tiene per mano

Ed insieme attraversiamo il mare.

Quando approdiamo

Mi accorgo di aver raccolto molte cose:

Ho con me una volpe, delle conchiglie ed ….

Una antica pianta.

 

io sono il bene

 

Anima, corpo e spirito

La verità nascosta

Il velo deve cadere

E la luce permeare tutto.

Allora l’amore trionferà

Sulle tenebre.

 

Io sono il bene

Ma anche il male

Sono l’amore

Ma anche l’odio

Sono la gioia

Ma anche la tristezza

Sono amico

Ma anche il nemico

Sono la calma

Ma anche la tempesta

Io sono la vita

Ma anche la morte.

Io sono il rosso

Ma anche il verde.

Ma ora che ho compreso

devo diventare neutro.

 

O acquario versa la tua acqua su noi

Destaci da questo sonno

Fa che i nostri occhi vedano

Finalmente liberi

Da quel velo

Liberaci dall’errore

Ritrovata la chiave

Non la perderemo più

Non lo permetteremo

Raggiungeremo la luce

Non più tenebra ma solo

La luce più pura.

O acquario mantieni l’antica promessa

Aiutaci a riconquistare noi stessi.

È tutto qui

Davanti a noi

Ma i nostri occhi non vedono più

Sono stati volutamente offuscati

Tutto racconta l’antica verità

Ma nessuno è più in grado di riconoscerla

Tu sei tornato più volte cercando di aiutarci

Ma non abbiamo avuto orecchi

Assordati da richiami mendaci

Hai seminato ovunque

Ed ora è tempo di raccolta

Prima del tuo ritorno

L’ora è giunta

Il raccolto è quasi maturo.

Questa volta sarà l’ultima.

 

cerca l'isola

 

Cerca l’Isola

Sali sulla Montagna

Entra nella Grotta

E troverai il Tesoro

Ritrova la Madre che

ci è stata sottratta

ristabilisci il contatto

segui i binari

non li lasciare mai

e riuscirai a vedere

oltre la nebbia

troverai l’Isola e…..

sulla Montagna

dentro la grotta

c’è il Tesoro

che cerchi da sempre!!!

 

 DI ENZO                                                   

"Il rosso Dio della vita lanciava gli ultimi sui raggi verso il volto di Kerathon , mentre si adagiava sulla brughera , laggiù ad ovest.
Le giornate si facevano sempre più fredde e un’umida nuvola bianca si stava già alzando dal fondo della valle.
La rossa sfera di fuoco si rispecchiava ancora per poco sopra la sottile striscia del lago ghiacciato.
Kerathon stette così immobile per pochi minuti, poi si volse e si avviò verso il suo villaggio. La strada che doveva percorrere lo avrebbe portato a passare vicino alle tre piramidi.
Colonne di fumo si levavano dai fuochi che i suoi amici stavano accendendo dentro i buchi che avevano scavato lungo tutta la collina durante l’intero giorno.
Il calore del fuoco e poi il freddo della notte avrebbe frantumato la roccia meglio di tante braccia.
L’indomani all’alba non sarebbe rimasto altro che portare via i sassi anneriti dal fuoco e scavare altri buchi prima che arrivasse un’altra notte.
Era questo il lavoro di Kerathon e dei suoi amici fintanto che il rosso Dio si rifiutava di scaldare i campi del popolo del sole.
Poi nei mesi più caldi avrebbero ripreso a lavorare la dura terra color argilla.

Il sommo sacerdote diceva che vi era un tempo per tutte le cose.

Un tempo per pensare all’uomo ed un tempo per pensare a Dio.
Nella sua mente riecheggiava ancora la sfida che aveva sentito lanciare in cima a quel monte : costruire un luogo sacro dove poter adorare Dio e un’ultima degna dimora per il loro re.

L’ombra della sera calava rapidamente e Kerathon affrettò il passo.Il frusciare della lunga tunica di lino scandiva i suoi lunghi passi.
L’aria si stava riempiendo dell’odore acro del fumo dei fuochi mentre le cime delle tre piramidi si stavano arrossando con gli ultimi raggi del sole al tramonto. Lo spettacolo era così affascinante che l’uomo ristette per pochi attimi e lentamente seguendo la cima delle piramidi volse il suo sguardo in alto, verso le prime stelle.
Bastò poco per individuare la costellazione di Orione. Tre stelle in particolare attrassero la sua attenzione: quelle della cintura del Dio Osiride.
Con occhio da esperto le confrontò con le tre piramidi ormai quasi completamente avvolte dal fumo e lentamente… un sorriso increspò il suo volto.


Poi scosse adagio il capo, ed avvoltosi il mantello sulle spalle riprese il suo cammino confondendosi nelle lunghe ombre della notte."

   

   DI  EMILY DICKINSON (segnalata da SILVY)

   

Se io potrò impedire

"Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano."

       DI   ENZO

                                                         18  anni

Ma come vorrei avere i tuoi occhi,
spalancati al mondo come carte assorbenti
e le tue risate pulite, piene...quasi senza rimorsi
o pentimenti.

Ma come vorrei avere da guardare,
ancora tutto
come libro da sfogliare
ed ancora tutto...o quasi tutto
da provare.

        DA UN RACCONTO

 

LA SENTINELLA
Era bagnato e coperto di fango,aveva fame, si trovava a migliaia di anni luce da casa.Uno strano sole azzurro dava luce all'intorno,e la gravità,due volte maggiore di quella cui era abituato,rendeva difficili i movimenti.
In decine di migliaia di anni,quella parte della guerra non era cambiata. I ragazzi dell'aviazione facevano meraviglie con le loro astronavi e le armi da fantascienza. Ma poi,al dunque,toccava ancora alla fanteria,di prendere posizione e mantenerla,metro dopo metro di terra insanguinata.Come su questo dannato pianeta,appartenente ad una stella che non aveva mai nemmeno sentito nominare fino al giorno in cui ce lo avevano sbarcato. E che ora era diventato suolo sacro,perchè c'erano arrivati anche gli alieni.
Gli alieni, l'unica razza intelligente della galassia...Mostri crudeli,odiosi,ripugnanti.
Erano stati contattati vicino al centro della galassia,dopo la lenta, difficile colonizzazione di dozzine di migliaia di pianeti.Ed era stata guerra a prima vista: avevano sparato senza neppure tentare una trattativa. E da allora, pianeta dopo pianeta,era stata la guerra.
Era bagnato e coperto di fango,aveva fame e freddo,la giornata era aspra,con un vento gelido che gli faceva dolere gli occhi.Ma gli alieni stavano cercando di infiltrarsi,e ogni avamposto era di vitale importanza.Stava all'erta, con l'arma pronta. A cinquantamila anni luce da casa,mentre combatteva su uno strano mondo e si chiedeva se mai sarebbe ritornato al suo paese.
All'improvviso,ne vide uno che strisciava verso di lui.Prese la mira ,sparò. L'alieno emise quel suono strano e terribile che tutti facevano quando erano colpiti,e giacque immobile. A lungo andare ci si abituava a sopportarne la vista:ma lui non c'era ancora riuscito.
Erano creature troppo orribili,con solo due gambe e due braccia, la pelle di un bianco rivoltante. E... nemmeno una squama!

  DI  ENZO

Kerathon spalancò gli occhi nel buio e con le mani capì subito di essere stato sepolto vivo dentro un sarcofago.
Un terrore improvviso si impossessò di lui…poi piano piano cominciarono ad affiorare i ricordi.
…..Bambini che correvano in un cortile polveroso…..sacerdoti in lunghe vesti di lino bianco oranti al chiaro di luna circondati da fiaccole tremolanti….gli occhi luccicanti di pianto di sua madre mentre gli sussurrava una parola….ELETTO.
Questo nome si stagliò nella sua mente, e di colpo capì CHI e PER COSA era lì.
Rivide la sera prima gli occhi di tutto il suo popolo puntati su di lui mentre beveva la pozione magica dentro la sacra coppa della vita e della morte.
Cadde per terra esanime mentre i guardiani di porta si precipitavano a sorreggerlo per condurlo nel sepolcro all’interno della grande piramide.
Adesso solo l’intervento divino poteva riportarlo alla vita.
Bisognava morire per poter entrare nel regno dei morti e strappare i segreti della vita.
Se era veramente l’ Eletto come tutti credevano sarebbe riuscito nella sua missione e sarebbe ritornato alla vita…altrimenti sarebbe rimasto per sempre dentro quel sarcofago.
Tirò un lungo e profondo respiro ed aprì le braccia verso la morte.

…. E la morte arrivò….improvvisa, definitiva, ed orribile !

Ma non una, bensì 100-1000 morti.

… e vide impiccati, annegati, corpi senza testa, bruciati, vittime sacrificali ad un Dio crudele, corpi senza cuore.. col cuore nella propria mano insanguinata…..Poi la scena si allargò e vide 3 uomini crocifissi su delle croci di legno…. guerrieri urlanti a cavallo con armature scintillanti…e macchine roboanti che sparavano palle di metallo seminando stragi con rumore di tuono… poi … un silenzio calò all’improvviso … ed una sfera di fuoco grande e luminosa più del dio sole inghiottì un’intera città e milioni di persone in pochi secondi….
…E tutto intorno solo Odio…. l’odio dell’uomo per il suo simile, l’odio dell’uomo per il suo Dio… un odio che lo soffocava, che lo opprimeva, che lo portò sulle soglie della pazzia.

Tempo che va, tempo che viene
Chi potrà mai fermarlo ?
Ma quando l’onda arriverà non opporti ad essa…. Assecondala !

Questi versi del libro della Sapienza sembrarono uscire come per incanto dalla nebbia dei ricordi.
Per i suoi sensi alterati furono la sua ancora di salvezza.
“ Asseconda l’onda … assecondala , non opporti “…. Sembrava sussurrasse una voce nella sua testa.

… e lentamente … molto lentamente uscì dai freddi cunicoli della pazzia.

Il TEMPO ! era questo la chiave di tutto. I suoi sensi esaltati dalla pozione magica e dall’energia della grande piramide riuscivano a violare i segreti del tempo.

Le visioni di morte erano state evocate dal suo personale convincimento che fosse entrato nel regno degli inferi.

Una sensazione esaltante lo invase quando si accorse di stare guardando l’umanità di tutte le epoche , con le loro conquiste e con i loro orrori.
Dopo il primo momento di sbigottimento si concentrò sullo scopo della sua ricerca : Il segreto della LUCE. Era noto dalle descrizioni di altri eletti che si poteva illuminare di notte una città come se fosse alto il sole nel cielo.
Ma non per un attimo, come succedeva con i fulmini, ma per giorni ed anche interi anni !.

Si concentrò su questo straordinario fenomeno e vide cose che lo riempirono di stupore.
Le case sarebbero state come cose vive. Bastava solo un comando a voce per far spegnere o accendere le luci ed altri strani aggeggi di cui non capiva l’uso.
Ma questo non gli faceva capire da dove potesse venire questa misteriosa forza.
Andò quindi indietro nel tempo sino a quando vide che le strade delle città più importanti erano illuminate di notte da fiaccole a gas.
Andava avanti ed indietro , spostandosi sia nello spazio che nel tempo, sino a quando vide il laboratorio di un saggio dai capelli bianchi che sovrapponeva dischi di due materiali differenti interponendo dei dischi di carta inzuppata di acqua salata.
Certo ! Come non averci pensato prima ! Il mare, sorgente della prima scintilla vitale era il segreto della forza.
Anche nel suo laboratorio aveva fatto prove di contrapporre materiali di differente natura, per imitare l’effetto del fulmine ( terra e cielo), ma li aveva sempre fatti senza l’acqua.
Questo faceva radicalmente cambiare le cose.
Si concentrò maggiormente sui materiali usati.
Erano dischi di colore differente : il primo era color arancio ed il secondo lucente tipo argento.
Appena in tempo. Il rumore della pietra che veniva rimossa dal sepolcro lo destò dal sonno letargico in cui era stato per tre giorni interi.

Questa dunque era l’alba del terzo giorno.
Lentamente si sollevò dal sarcofago ed osservò i guardiani di porta
che inchinati , con riverenza mista a timore,non osavano guardarlo direttamente negli occhi.

Con incedere solenne uscì dalla grande piramide verso la luce.
I raggi del sole del mattino baciarono le candide vesti di lino dell’eletto.

Fu stupito dalla reazione del suo popolo che prostrato sembrava che lo adorasse come un Dio.
Poi capì…. Per loro lui era “colui che ritorna tra i vivi dopo un viaggio tra i morti”.
Li lasciò nelle loro convinzioni…. A volte ai bambini piace sentirsi raccontare delle fiabe.
Quest’esperienza lo aveva profondamente maturato. Era certo che tutto non sarebbe stato come prima.
Poi ripensò ai dischi di metallo che aveva visto con gli occhi della mente e li confrontò con i metalli che aveva nel suo laboratorio : Rame, Argento, Piombo, e Zinco.
Un sottile sorriso increspò le labbra di Kerathon ed alzando le braccia verso il sole nascente di una nuova alba, sommerso dalle urla acclamanti della moltitudine di persone , pensò:
IL MIO POPOLO AVRA’ L’ELETTRICITA’ ! 

 

   DI ANTONIO

Il titolo è "ABDUCTION"

Aprì, lentamente e faticosamente gli occhi,gli sembrava che tutta la sabbia del mare si fosse raccolta sotto le sue palpebre. Un dolore lancinante, come di un ferro arroventato infisso nelle carni, percorse tutto il suo corpo.Era vivo. Una luminescenza rossastra lo circondava, ma non bastava a definire i confini dello spazio in cui si trovava; a poco a poco, gli sembrava di scorgere dei contorni e dei colori indefiniti, il suo sguardo cercava sempre più affannosamente qualcosa di noto su cui posarsi. Istintivamente allungò un piede, per spostarsi da quello strano stato di levitazione in cui si trovava, toccò qualcosa che non sapeva definire, non era freddo come un pavimento, e dava l’impressione di metallo levigato, qualcosa di solido ma morbido contemporaneamente; con una fatica immensa allora si mosse per avvicinarsi a quei colori e quelle forme indefinite, ma oltre la luminescenza c’era il buio più nero profondo e terribile , che mai aveva visto. Ancora non aveva avuto paura, ma in un attimo, uno spasmo lo prese, lo attanagliò e gli sembrò che il suo stomaco fosse finito in un torchio, dov’era? Che cosa era successo?Cercò con avidità nella sua mente gli ultimi ricordi ed ecco sì….aveva risposto alle domande del quiz serale con le stesse solite lacune, attori e registi film mai visti, premi nobel, scrittori dai nomi più strani,cantanti e gruppi fuori dalle sua logica, ma sulla mitologia aveva tirato fuori le Erinni…..Dopo, il telegiornale, anche li aveva dato il suo meglio litigando furiosamente a voce alta, con i servizi trasmessi, aveva cercato usando il telecomando di evitare il” sorriso a centodieci denti” che proprio non sopportava, magari sorbendosi una “reclame”. Tutte le volte si riprometteva di non lasciarsi andare a quelle liti, in fondo era solo il televisore, e ricordava che, quando suo padre, interpretava la stessa commedia , lui era il primo a riderne. Ma adesso incontrava solo lo sguardo ilare di suo figlio e pensava che quella era la generazione dei “Dragonball” e dei “Simpson”, lui invece aveva conosciuto “Roby, Quattordici e la Gallina Trik e Trak” e tracce del “Prode Ettorri”, era stato un sessantottino, suo figlio non poteva capire! Poi lasciato il desco , in salotto , dopo l’automatica accensione della “Tele”; aveva ridato vita al computer, aveva atteso che la bella immagine della Arcuri in versione gennaio, ridesse vita al Desktop, poi connetti, il solito borbottio per la scelta del figlio di avere in prima pagina Max, poi come al solito se ne era compiaciuto, ed infine immesso l’indirizzo desiderato, si trovò con sorpresa a dover digitare il Nick e la Password e poi LOGIN ecco… Sì!…… Capperi! al Login, un lampo uno schianto, il buio, il vortice, il dolore, forse la morte. Adesso era tutto chiaro nella sua mente, aveva capito,levò lo sguardo verso l’immagine di Rapa Nui che adesso era chiara cercando in essa la conferma della sua risposta, si tuffò veementemente verso la luminescenza rossastra che precedentemente lo aveva avvolto, e disperatamente cercò LOGOUT.

  DI SILVY

 

ORIONE

O grande cacciatore raccontaci
Qual è il tuo grande segreto
Ricordi ancestrali
Quando chi decise il tuo nome
Narraci le tue e le nostre gesta celate
La fantasia ti rincorre
Ti racchiusero in un’idea
Ma subito dopo fuggisti in altra
Chi ti portò lassù a far compagnia agli dei
Fuggisti lontano
C’è chi ti cerca
Ma il suo veleno non ti raggiungerà mai più
Narraci del cane e della lepre
Di quel quarto di luna
Hanno raccontato in tanti
Ma la verità è solo tua
Pagasti cara la tua colpa
Chissà se hai freddo
Davanti a grandi fuochi ti riscaldasti
Ora hai solo otto fiammelle
Ma nella tenebra sei luce
Di lassù aiutaci a capire
Grandi popoli hanno onorato il tuo nome
Grandi pietre posarono
Il mondo intero ti osserva
Grande cacciatore figlio della terra
Svelaci il segreto più grande

 

   DI ENZO


Antonio allungò il braccio da sotto le calde coperte per spegnere l’odiosa sveglia…come faceva tutte le mattine!
Indossò la vestaglia sbadigliando e con gli occhi ancora semichiusi e si diresse verso il bagno.
A metà del terzo sbadiglio il suo piede destro incontrò il pattino a rotelle sinistro di suo figlio ed il suo mento improvvisamente seppe quanto poteva essere duro un pavimento in legno.
“E’ proprio un bel taglio” pensò guardandosi nello specchio del bagno.
“comincia anche ad uscire del sangue”si disse sussurrando.
Prese quasi con stizza un pezzetto di carta igienica e tamponò la ferita.
SANGUE VERDE ?
Non riuscendo a credere ai suoi occhi, improvvisamente destati dal sonno del mattino, guardò più e più volte…era proprio verde …ed anche di un bel verde FLUORESCENTE.
I suoi occhi continuavano ad andare dal pezzetto di carta al taglio con quel liquido verde nauseabondo che non smetteva di uscire.
Dopo aver vagliato tutte le ipotesi ( qualche strana infezione epidermica, pus, demenza senile.) prese il rasoio e dopo essersi dato un bel pizzicotto per essere sicuro di essere sveglio, con molta calma si fece una piccola incisione sul braccio.
SANGUE VERDE FLUORESCENTE.
Il panico arrivò come un’onda di un fiume in piena.
“La colazione è pronta!”- la voce di sua moglie dalla cucina lo richiamò alla realtà.
“Vengo, solo un momento!”
Doveva tamponare assolutamente la ferita, ma questa non voleva smettere di “sanguinare”.
Prese un cerotto .. e poi un altro..e con la faccia improntata ad una serenità che non provava si presentò da sua moglie con un sorriso ebete stampato sulle labbra.
Sua moglie Zhurran, sfoggiando un delizioso pigiamino rosa, lo aspettava con un toast fumante in mano.
- “Cosa ti sei fatto?” esclamò
-“Niente, è solo un taglio!”
-“Non è vero…sanguina ancora”
con gli occhi spalancati Antonio fece istintivamente uno scatto indietro…” Non mi toccare !”
“Non mordo mica”..” Dai qua ! “ disse Zhurran
dopo qualche secondo di silenzio, che ad Antonio sembrò lungo come un treno-merci, sua moglie disse “ Ma non hai nulla che non possa passare con una buona dormita!”.
Antonio con la bocca aperta disse” Ma non trovi nulla di strano?”- “ ..e cosa.” Rispose la moglie “.per un semplice taglietto. Smettila di fare la solita vittima e vieni a mangiare il toast che si è raffreddato”.
Zhurran con piglio deciso gli porse un toast farcito ..da cui usciva la parte inferiore di un
topo …con relativa coda.
“ cosa ci hai messo dentro al toast!” urlò Antonio
“Ma il solito prosciutto come piace a te!”
Il suo sguardo vagava tra gli occhi di sua moglie e la coda del topo che penzolava dal suo toast…e dopo un attimo di smarrimento sibilò” Non ho fame!” e scappò via.
L’aria del gelido mattino non contribuì a cancellare l’immagine da incubo che aveva ancora davanti agli occhi.
Corse verso la macchina , l’aprì e con le ruote fumanti si diresse verso la città.
Solo dopo 10 minuti si accorse che era ancora in pigiama.
In quel momento una pattuglia della polizia gli intimò di accostarsi.
Con fare scocciato , ma in cuor suo grato in qualche modo ai poliziotti per distoglierlo dai suoi pensieri, ..aprì il finestrino e sbocchiò “ cosa ho fatto?”
“Nulla, semplice controllo….favorisca Patente e Libretto!” gli rispose ..UN ROSPO travestito da poliziotto con tanto di divisa e stivali “a pianta larga”.
“..Co..Co..Cosa ha detto !”
“Patente e Libretto” gli rispose scocciato la Rana-poliziotto.
“Ecco qua” rispose trafelato Antonio.
La rana dette un’occhiata esperta ai documenti e restituendoglieli disse:” Scusi, ma Lei guida sempre in pigiama?”…”Cosa?”..” Ah..il pigiama?”…” No vede, è che non mi è suonata la sveglia questa mattina e facevo tardi al lavoro!”
“Vada..vada” Rispose la rana, con uno sguardo dove si leggeva chiaramente che pensava di avere a che fare con un folle.
Partì con la macchina allontanandosi lentamente dal posto di blocco, e proseguì per la sua strada.
Non posso andare a lavoro conciato così , pensò. Preso il cellulare telefonò alla sua segretaria per avvisarla che oggi aveva un’impegno e non si poteva presentare al lavoro. Spense il telefono sbigottito.
La voce solitamente molto calda e cordiale della sua segretaria questa volta chissà com’è gli era sembrata .. come dire..” gracchiante”.
Guidando come nella nebbia giunse al centro della città.
Casualmente ad un semaforo buttò dentro lo sguarda nella vetrina del Mac Donald e saltò dal sedile quando vide i cartelli che pubblicizzavano “panini al topo” in tutte le salse.
Con la maionese, con la mostarda , in salsa rosa….
Girò di scatto la macchina e per poco non investì un’anziana …RANA con gonnellino ed ombrello.
Ritornò di corsa a casa con il cervello in fiamme.
Ma cosa poteva essere successo – si disse – è possibile che l’unico con il fisico da uomo sono io .. e mia moglie.
Ma come è possibile che anche noi ci stiamo trasformando in rane.
Forse siamo attaccati da un tipo di arma batteriologica … e già ..maledetto Been Laden sussurrò a denti stretti…oppure siamo oggetto di un attacco di qualche razza aliena che sta facendo degli esperimenti di genetica con noi…
..Oppure ….ma certo come non averci pensato subito…la botta in testa di questa mattina.
Appena arrivato a casa..corse le scale a tre gradini alla volta fin quando non vide il pattino a rotelle di suo figlio.
“Disgraziato” disse “ E’ lui la causa di tutto” ( riferendosi al pattino e non al figlio ).
Se uno scivolone mi ha conciato così, uno scivolone mi farà ritornare come prima.
E con estrema lucidità e sicurezza appoggiò il suo piede destro sopra il pattino.


Antonio allungò il braccio da sotto le calde coperte per spegnere l’odiosa sveglia…come faceva tutte le mattine!
Indossò la vestaglia sbadigliando e con gli occhi ancora semichiusi e si diresse verso il bagno.
Appena arrivato davanti allo specchio improvvisamente si ricordò dell’incubo che aveva avuto questa notte.
Si guardò attentamente e rimase inorridito a vedere non uno, bensì DUE bernoccoli sul suo mento.
Lentamente con gli occhi spalancati dal terrore guardò la ferita sul mento e vide del sangue ROSSO coagulato.
Quasi non credendo ai suoi occhi si fece ancora un taglietto sul braccio ..e con sollievo vide uscirne delle gocce di sangue ROSSO.
“La colazione è pronta!”- la voce di sua moglie dalla cucina lo richiamò alla realtà.
“Vengo, solo un momento!”
Si vestì con la sicurezza data dalla ripetizione degli stessi gesti.. e si diresse sicuro in cucina.
La scena che vide lo impietrì.
Una rana con la voce di Zurrhan ed in pigiamino rosa gli porgeva un toast farcito con il solito topo.

“Cosa gli hai messo nel toast ?” ripetè quasi come un automa Antonio.
“ Ma il SOLITO prosciutto che ti è sempre piaciuto!” sbocchiò quasi incollerita sua moglie.
“Non mi verrai ancora a dire che ti è passato l’appetito come ieri. Ma lo sai quanti euro costa il
prosciutto cotto al supermercato”
“I soldi non li scopiamo mica per terra” ..iniziando la solita tiritera…
“Va bene..va bene” sbottò Antonio alzando la mano “ dammi questo maledettissimo toast”
E tra se e se pensò…”Non mangio da più di un giorno.. e poi se in OGNI CASO , sia che abbia il sangue rosso sia che l’abbia verde fluorescente…si capisce che il mio destino mi ha riservato di mangiare topi morti per colazione”.

..e rassegnato addentò famelicamente il toast..con la coda.

 

    DI SILVY

     

SFINGE

Vento e sabbia
tuoi millenari compagni e nemici
Con lo sguardo fisso ad est
guardi un orizzonte celeste
Con nostalgia di giganti e leoni
attendi che si compia
il motivo della tua origine
Le guerre non ti hanno scalfita
e neppure la curiosità degli uomini
Ma il tuo ventre è stato profanato
Hanno cercato l’antico sapere, l’ oro e il potere
L’ultimo faraone nega le tue origini
ma tu non desisti
Temeraria e spavalda
mantieni fede al tuo impegno

 

   DI  ZURRHAN

 

Bardo felice della nomade vita
conduci le tue odi per il mondo
a rallegrare re, guerrieri e dame.
I tuoi canti mi riportano ai mondi
che dal cuore avevo cancellati.
Quale fausto destino ha decretato
che di vita in vita
ti incontrassi?

Come ti chiamavi a quel tempo, mio oscuro?
In quali templi sacrificavi
in quali stagioni seminavi e mietevi?
La tua mano mi porgesti
dalle spire del tempo
e richiamasti la mia,
timida assorta, dormiente ancora.
Nel pozzo profondo di ricordi ancestrali
la strada trovasti dei Sargassi
per riprendere il moto
catastroficamente interrotto.
Ora son sveglia e ricordo chi sono.
Ma tu chi sei?  

 

    DI  ENZO

silente compagna delle mie notti
ferma se puoi la tua cerca,
vieni qui ... ed aiutami a ricordare
colei che più non è.

Quale il suo volto, come le sue ore, quanti i suoi colori.

narrami dei cieli tersi e del cupo bagliore,
quando vi destavate dal torpore del giorno
e solcavate le deserte rotte punteggiate di stelle

o mia triste Selene del pianeta delle due lune.

 

   DI  WARP

"Mai opera sarà più imponente di quella prodotta dalla natura...o dall'uomo che conoscendo i suoi schemi e le sue regole utilizzerà le sue forze per ricrearne il suo fasto e la sua grandezza. Fisica intrinseca assoluta"

 

     DI  SILVY

 

ATLANTIDE


Dove sei splendida visione
di un mondo che fu
eco di tempi lontani
racconti di magnificenza.
Progenitrice misteriosa...
Filosofi, scrittori e poeti
travolti di un amore senza tempo.
Come una maledizione
nostra stessa sorte.
Ammaliati e stregati
in una ricerca infinita
Tra oceani di parole
è annunciato il tuo ritorno
quando ancora sconosciuta è la tua dipartita.
Come il primo amore adolescenziale
ti celi in un angolo del cuore,
per poi riesplodere
ad ogni nuovo indizio.

 

    DI ZURRHAN

Sono tornata al tempio, questa notte
perché il silenzio tuo mi ha richiamata.
Nel bosco ferito da sciabole di luna
il mio pensiero si è impigliato
il dolore ho ritrovato della vana ricerca,
nemmeno la mia ombra può seguirmi…
Aiutami a ritrovare quella via
che ho malamente perduta…
Alla pietra delle fate
nessun druido mi ha veduta
mentre spargevo lacrime alla dea.
Solo un gufo,
nelle notti insonni,
seguiva il mio sguardo alle stelle
alla siderale profondità del buio
mio segreto rifugio. 

  DI ZURRHAN

 

<<Se il mondo non fosse piatto >> mi diceva il mio maestro <<noi cadremmo di sotto… Cosa ci potrebbe trattenere?>>
Il mio maestro era intelligente, saggio, illuminato e con una grande barba fluente.
Avevo iniziato quel viaggio con lui, per i boschi, solo per caso.
Mia madre, che lavava i panni alla fonte, l’aveva visto passare, affaticato, con un gran sacco caricato sulla schiena, appoggiandosi al bastone nodoso, da cui , in seguito, non l’avevo mai visto separarsi.
<<Signore,>> l’aveva chiamato mia madre, <<vuole riposarsi un poco e mangiare un po’ di minestra ?>>
Quell’uomo sembrava davvero sfinito, e quell’invito le era venuto spontaneo.
Quando entrarono nella nostra casetta di legno, io avevo appena finito di pulire il camino. Ero nera di fuliggine dalla testa ai piedi e mi sentivo stanca e puzzolente, nei vecchi calzoni di mio fratello. Per fortuna avevo coperto i capelli dentro un vecchissimo cappuccio di mio padre.
Sorpresa da quell’ingresso inaspettato, non avevo neppure fatto l’inchino che mia madre mi aveva insegnato di fare davanti agli sconosciuti, in segno di rispetto e di saluto.
Ma lui non se ne accorse. Si guardò intorno e si andò a sedere sullo sgabello vicino al camino.
Accettò la scodella di minestra dalle mani di mia madre e mangiò in silenzio.
Intanto si guardava intorno e, quando ebbe finito, si rivolse a mia madre.
<<Donna, quale sarà il futuro di questo giovane?>> domandò. <<Farà il taglialegna, come, presumo, faccia suo padre? O il cacciatore?>>
Mia madre mi guardò un attimo di sbieco, con quello sguardo che voleva dire “lascia fare a me!”, si schiarì la voce, e disse: <<Mio figlio non sarà mai come suo padre o suo fratello. Lui è speciale. E’ nato nella Notte dei Sussurri, quando la luna compariva in cielo, dietro il Monte Tablish. Le indovine hanno cantato per lui, e dichiarato che il suo fato è diverso da quello che avremmo immaginato.>>
L’uomo si grattò la barba, mi guardò ancora e poi disse a mia madre: <<Forse avevano ragione…
Io non sono più così giovane come mi piace credere, e ho bisogno di un aiutante. Lui mi pare adatto. Sa cuocere il cibo? Lavare le vesti?>>
<<Ma certo>> rispose speranzosa mia madre. Non capivo cose le passasse per la testa. Era impazzita? Voleva disfarsi di me? Affidarmi a quello sconosciuto, che poteva essere qualunque cosa, un pazzo, un assassino, un ladro o chissà cos’altro!?
Ma intanto l’uomo si rivolgeva a me:<< Conosci le erbe e i fiori? I funghi? Sai riconoscere una fonte pura da una oscurata?>> Oscurata? Che stava dicendo?
<<Signore>> risposi timidamente <<riconosco le erbe buone e quelle cattive, e anche i funghi, ma le fonti oscurate non so cosa siano. Qui tutta l’acqua è buona.>>
<<Ma certo, ma certo, tu non sei mai stato lontano di qui. Non puoi sapere che vi sono luoghi impuri dove l’acqua si contamina passando… Io ti insegnerò a riconoscerla e ti insegnerò molte altre cose, se tu mi seguirai, col permesso di tua madre e se tu lo vorrai. >>
Io guardai mia madre, senza alcuna espressione, e annunciai che andavo a lavarmi.
Dopo un po’ mia madre apparve alle mie spalle. <<Sei impazzita?>> l’assalii, prima che iniziasse a parlare. <<Vuoi davvero che vada con quell’uomo? Chi è? Che fa qui? Lui è convinto che sia un ragazzo, non l’hai sentito? Perché gliel’hai lasciato credere?>>
Mia madre si fece più vicina e mi disse piano: <<Io non lo so. La dea ha voluto questo. Ha scopi diversi dai nostri e io non la capisco. Come posso spiegare a te qualcosa che io non so spiegare a me stessa?>>
<<Bell’idea ha avuto la dea!>> Sbuffai esasperata. <<E adesso cosa dovrei fare, secondo te e secondo la dea?>>
Mia madre non ebbe neanche un solo attimo di esitazione: <<Fingiti un ragazzo e va’ con lui. E’ la dea che l’ha deciso.>>
Bella decisione! A mia madre non avevo mai disobbedito. E alla sua dea neanche. Potevo iniziare quel giorno?
Fu così che, con gli abiti di mio fratello e il cappuccio ben calato sulla testa, iniziai il mio viaggio col maestro.
Dopo le prime indecisioni, decisi di continuare a fingermi un ragazzo. Attraversammo tutta la regione attraverso la foresta, passando dai rari villaggi sulle colline. Lungo la strada egli mi insegnava a riconoscere erbe che non avevo mai notato e me ne indicava le proprietà. Le raccoglievamo in sacchetti di stoffa e li chiudevamo con piccoli nastri colorati. I nostri sacchi erano sempre più gonfi. Nei villaggi in cui ci fermavamo, il maestro ne cedeva una parte in cambio di cibo e di ospitalità.
Una notte, durante un temporale scoppiato all’improvviso, ci rifugiammo all’interno di una grotta.
Mentre dormivo fui svegliata da una strana luce. Sognavo? No, aprii bene gli occhi e vidi un arcobaleno invadere la grotta. La luce sembrava scomposta in mille colori, girava lentamente tutto intorno, sulle pareti, e si rifletteva sul soffito allargandosi in stelle misteriose…
Poi vidi il maestro, in piedi al centro della grotta, nella sua tunica bianca, le braccia levate in alto e il bastone illuminato sulla cima, da cui partivano sottili raggi di luce.
Dove io mi trovavo, una sporgenza della roccia mi teneva in ombra. Ma, all’improvviso, un serpente di luce strisciò verso di me, si avvicinò, indietreggiò, si avvicinò di nuovo, per poi scomparire del tutto.
Il maestro si avvicinò a me, mentre i bagliori del suo bastone nodoso mi avvolgevano e mi disse dolcemente: <<Figlia, perché non me l’hai detto?>>
Il mio segreto era durato poco. Se avessi saputo di avere a che fare con un mago, non ci avrei neanche provato.
<<E’ stata la dea>> dissi. Ma era un modo per discolparmi?
<< Aveva deciso che dovevo venire con te, uomo o donna che fossi. Neanche mia madre si sapeva spiegare il motivo.>>
<<Forse io lo so>> rispose il maestro.
Dopo lunghi anni di viaggio, di insegnamenti ed esperimenti, un giorno scorsi di lontano il mare. <<No, mia cara, è un grandissimo lago. E, proprio nel mezzo, sorge un’isola, perennemente avvolta dalla nebbia.>>
Avevo imparato tanto da lui, ma di quel lago non mi aveva mai parlato.
Giungemmo alla riva e di lì a poco giunse una barca, portata da una giovane donna. Ci salutò con il capo e mi fece segno di salire.
<<Andiamo sull’isola?>> chiesi al maestro.
<<Tu ci andrai, figlia mia, perché le sacerdotesse ti stanno aspettando da molto, molto tempo. Io non posso venire. Nessun altro può. Così ha stabilito la dea. Ma prima di andare, donami qualcosa che mi ricordi di te.>>
Dopo un commosso abbraccio di commiato gli dissi:
<<Maestro, il mondo non è piatto… Il mondo è una sfera.>>

 

  DI  SILVY

Come ogni notte, lo sciamano Nuawi era salito sul colle più alto di tutta l’isola di Tongay, aveva da poco iniziato il suo solito rituale propiziatorio, quando il suo sguardo incrociò qualcosa d’insolito, una luce sconosciuta era partita dall’orizzonte ed ora scendeva lentamente dall’alto per posarsi dietro ad alcune piante poco più in là.
In cielo non c’era neppure una nuvola e la luna era al massimo della sua crescita, quindi non poteva essersi sbagliato, fece svariate supposizioni poi decise di raggiungere quel qualcosa e di scoprire di cosa si trattava.
Trascorsero un paio d’ore prima che con il cuore in gola si precipitasse giù per collina.
Lui che aveva visto tutto e non era mai indietreggiato davanti a nulla e nessuno, quella notte tremante e spaurito corse a più non posso verso il villaggio.
Quando arrivò a valle non aveva più fiato, si diresse immediatamente verso la capanna del gran capo Wanaah, e con occhi e voce che tradivano il suo stato d’animo gli raccontò quello che aveva visto ed appreso.
Dopo aver ascoltato attentamente il racconto dell’amico, decisero di mettere al corrente della scoperta, tutti gli anziani del villaggio.
Uscirono entrambi in gran fretta e nel giro di qualche minuto si ritrovarono tutti insieme davanti al grande fuoco.
Vederlo così stravolto li sbigottì Nuawi era un uomo degno di fiducia, saggio e premuroso, ognuno di loro nell’arco della vita ebbe modo di ricevere il suo prezioso aiuto. Ma ancora di più li sconvolse il suo racconto. Avevano imparato da lui tutto quello che sapevano, erano un popolo di gente pacifica, ed ora?
Tutte le loro conoscenze sulle quali avevano basato la loro stessa esistenza erano messe in discussione, la tranquillità era minata da quanto Nuawi aveva scoperto quella notte!
Da quel giorno in poi nulla sarebbe più stato uguale a prima!
Dopo aver discusso sino all’alba gli anziani decisero che l’unica soluzione possibile era quella di “uccidere Nuawi.”

 

    DI  ANTONIO

 

"Gia da diverso tempo, Enzo aveva strani presentimenti, ma il lavoro era ciò che amava sopra ogni cosa, ed il suo, non l'avrebbe cambiato per nessuna ragione al mondo. Anche quella mattina salì a bordo del suo "ovoide", impostò le coordinate temporali, e dopo un flebile tremito in un turbinio di colori, si recò presso quella grotta che ormai da un paio di anni teneva sotto osservazione, il suo compito era quello di stabilire con esattezza l'anno zero.Il suo andirivieni temporale, portava un certo scompiglio, negli astronomi dell'epoca "I Magi", che sconcertati dalla strana stella luminosissima che faceva la sua giornaliera apparizione, ne cercavano risposta nei loro libri, ipotizzando anche per quella , la venuta tanto attesa di un Messia; in fondo loro aspettavano ciò che Enzo cercava. Ma quella mattina forse perchè le stringhe temporali erano più intricate del solito, o un Wormole, aveva accentuato in modo repentino, la sua influenza gravitazionale, l'ovoide anziché porsi in orbita geostazionaria sopra la grotta, si schiantò nelle sue vicinanze. Era preclusa ai viaggiatori la possibilità di interferire materialmente , ma il caso volle che quello fosse proprio il giorno esatto, e l'attimo della venuta alla luce del Bambino, coincise con l'esalazione dell'anima dal corpo maciullato, (In fondo Enzo era una gran brava persona, ma aveva la tendenza a far mangiare al prossimo "topi morti farciti", e quella, non era cosa buona.). In una Metempsicosi inattesa , l'anima di Enzo si installò in stato di quiescenza, in una recondita parte di quel Bimbo, in fondo non poteva interferire e poi non sapeva di chi fosse quel corpicino, anche se lo strano presentimento che da tempo lo perseguitava prendeva sempre più consistenza. Passarono gli anni ed Enzo dal suo posto di osservatorio privilegiato, gioiva dei progressi del Bambino, ne approvava i sentimenti e ne condivideva gli intendimenti, era felice che dimostrasse tutta la sua intelligenza, intrattenendosi al Tempio con i Dotti, insomma non era male quella nuova vita cosciente, ma quel benedetto presentimento talvolta lo angosciava.Passarono ancora altri anni ed un giorno si rese conto con sgomento che il suo ospite aveva poteri taumaturgici e magici, parlava con parabole, e cosa che più di tutte lo turbò , fu il fatto di ritrovarsi a camminare sull'acqua, finalmente capì con sicurezza chi era quel giovinetto e quale sarebbe stato il suo destino, in fondo lui veniva dal futuro. In quell'attimo, tutta la sua sicurezza , si trasformò in terrore, il presentimento che lo perseguitava si rivelò in tutta la sua terribile realtà. Cercò affannosamente di uscire da quel corpo ma tutto risultò inutile, Enzo provava i dolori del suo ospite, e quello che lo attendeva lo terrorizzava, non era sua intenzione immolarsi per il prossimo, ne tanto meno finire inchiodato su di una croce,ma nulla poté e per la prima volta maledisse il suo vecchio lavoro.

 

   DI  ENZO

 

Un ramo inaspettato sbattè contro il becco di Kanto-pi e rallentò per poco la sua disperata corsa verso la salvezza.
Per un attimo ristette riverso sul suolo paludoso e appiccicaticcio, mentre la seconda luna lenta si alzava da sud.
Approfittò di quel breve istante di pausa per ripensare a come si era trovato in quella situazione.
Da quando il suo maestro Kenzo si era eclissato a bordo del suo “ovoide” alla folle ricerca del “vero Dio” erano cominciati i tutti i suoi guai.
“Li mortacc..sua “ sussurrò in mezzo ai denti ( era una tipica espressione scaramantica del Maestro di cui non aveva mai capito a pieno il significato).
Nel suo mondo vi era una lotta senza esclusione di corpi tra i “normal” e i “mutant”.
Lui era un mutant , un essere dall’aspetto ripugnante ( metà uomo e metà uccello ) che però era dotato di potere di telecinesi sovraumani.
La sua vita era stata un’inferno , rifiutato da tutta la comunità dei normal era stato costretto a rifugiarsi nelle paludi di Karnak cibandosi di piccoli roditori e del cibo paradisiaco che gli portavano saltuariamente due celestiali creature alate ( Kzhurran e Ksilvy ) le uniche che avevano compassione del suo aspetto deforme ( lo chiamavano “tiramisù”).
Tutto però era cambiato quando aveva incontrato il Maestro Kenzo. Lui genialmente aveva capito le sue potenzialità e grazie a tecniche e discipline che aveva appreso dai suoi misteriosi viaggi al di là dello spazio e del tempo riuscì in breve tempo a fare di lui una creatura dai poteri sovraumani.
Con la sola forza del pensiero lo aveva addestrato a sollevare massi del peso di parecchie tonnellate.
Lui riusciva a captare l’immensa energia che impregnava l’intero universo e a “canalizzarla” verso uno scopo che la sua mente focalizzava.
In breve questi suoi poteri terrorizzarono i NORMAL che lo condannarono a morte.
La caccia cominciò all’alba di tre giorni orsono, e da allora il latrato degli odiosi cani “mentor” gli aveva impedito non solo di dormire ma anche di prender cibo.
Stanco, affamato, ed infangato, si alzò con fatica e riprese la sua folle corsa senza speranza verso una salvezza che di ora in ora si faceva sempre più fievole.
Il baratro del “grande precipizio” si spalancò improvvisamente sotto i suoi piedi.
Era arrivato alla fine della sua corsa. I maledetti mentor lo avevano costretto ad infilarsi in quel vicolo cieco.
Dietro sentiva il latrato di quei mostri, davanti…600 metri di strapiombo e sotto..dura roccia.
Se solo avesse mangiato o si fosse riposato avrebbe alzato un masso con la forza della sua mente e saltatovi sopra se ne sarebbe andato indisturbato volando sul vuoto…ma in quelle condizioni…non vi era ormai nulla da fare !
Con la forza che da soltanto la disperazione…tirò un ultimo respiro e si lanciò nel vuoto.

Non avvertì l’impatto..solo un rumore cupo ed un biancore lancinante !

Si svegliò molto tempo dopo…a poco a poco cominciò a prendere coscienza di essere ancora vivo.
Lentamente alzò la faccia da uccello dalla sabbia accecante ed incuriosito guardò una creatura ignota che strisciando si avvicinava.
Tutto ad un tratto questo curioso animale si rizzò sul suo busto squamoso ed emettendo un curioso sibilo dilatò il suo volto uscendo una curiosa lingua biforcuta.
Dopo un momento di smarrimento..e non sapendo come interpretare questo suo atteggiamento ( se cordiale o minaccioso ) per si e per no lo sollevò in aria con la sua mente e lo scagliò lontano un centinaio di metri, stando attento però ad adagiarlo al suolo senza fargli male ( anche se di aspetto deforme in cuor suo era pur sempre una “pasta d’uomo”).
In lontananza vide una carovana di strani animali con due gobbe cavalcati da persone incappucciate.
Alzò lo sguardo in cielo e la vista di UN SOLO SOLE e per giunta GIALLO…lo indussero in profondi pensieri.
“Che posto era mai questo” – si chiese “ e come ho fatto a finire qui ?”.

Poi ripensò al grande precipizio ed alla forza della sua disperazione..unita ad un briciola della forza dei suoi poteri…ERA RIUSCITO A VARCARE L?UNIVERSO A LUI CONOSCIUTO.
Gli sovvenne le parole allora oscure del suo Maestro che lo ammoniva riguardo ai poteri della sua mente perché sarebbe potuto succedere quello che i suoi occhi adesso scorgevano.
Era arrivato in un altro universo varcando una porta di cui adesso non aveva più le chiavi.

Assorto da questi pensieri non si accorse dell’avvicinarsi degli uomini a cavallo di quei curiosi animali.
Una freccia si conficcò al suolo poco vicino ai suoi piedi…”erano sicuramente dei NORMAL”.
Non c’era speranza anche in questo universo…la CACCIA continuava.
Ma questa volta non avevano gli odiosi “mentor”…erano solo Lui e dei stupidi “normal”.

Gonfiò il suo petto..alzò fiero il suo becco aquilino ed alzando le mani verso i normal proferì alcune parole che suonarono magiche alle loro orecchie “ LI MORTACC..SUA” ( era la solita formula scaramantica del Maestro ).
Improvvisamente un’enorme montagna di sabbia si innalzò interponendosi tra Lui e i Normal assumendo la caratteristica forma piramidale…poi lentamente si trasformò nella faccia di quella creatura sibilante che aveva incontrato prima.
L’effetto fu sconvolgente…i Normal scapparono via terrorizzati ..ma subito dopo si fermarono e lo guardarono stupiti.
Uno di loro , probabilmente il loro capo, si fece timidamente avanti e giunto ad una distanza ritenuta di sicurezza si prostrò ai suoi piedi adorandolo.
Era una sensazione che in tutta la sua vita non aveva mai provato.
Lui sempre reietto da tutti…improvvisamente veniva adorato come un DIO.

Lasciò che i Normal si convincessero che ciò era vero...li sollevò in aria su di un tappeto di sabbia e con loro dietro sospesi ad una decina di metri dal suolo si diresse verso una città che vedeva in lontananza.

 

   DI  ANTONIO

 

.....Le sue mani stringevano con forza il remo, ed ogni movimento delle gambe, gli procurava violente e lancinanti fitte alle caviglie, dovute ai ceppi che le cingevano. Dietro di lui, il tambureggiare dell'aguzzino, dava il ritmo alla vogata. Si chiedeva a volte perché era lì,al quarto scalmo della terza fila di quella trireme da guerra. Intorno a lui nel vasto mare, c'erano molte trireme e pentecontere, non capiva il linguaggio dei suoi sventurati compagni, ma quando la frusta lo raggiungeva, ed il ritmo del tambureggiare aumentava, capiva che doveva fare il massimo sforzo sul remo, perché da quello dipendeva la sua vita. E pensare che fino a poco tempo prima, Enzo era un viaggiatore, che a bordo del suo "ovoide"scorrazzava per il tempo. Aveva ormai dietro di se un bagaglio incredibile di avventura, se si volevano così chiamare, e tutte dovute alla poca affidabilità del suo mezzo, che quella volta tanto per cambiare, si era inabissato nelle acque limitrofe all'isola di Samo. Salvo per un "pelo",una volta raggiunta a nuoto la riva, si era nascosto ed aspettava soccorsi. Il fato volle però che sull'isola fosse in corso un rastrellamento di uomini, fatto dai Persiani di Serse, essi infatti cercavano schiavi e guerrieri per la spedizione nel Peloponneso. Fu catturato, visitato intimamente, a causa della sua strana lingua ed abbigliamento, poi sia per mancanza di materia prima umana, sia perché aveva dimostrato di saper nuotare, disciplina ai molti sconosciuta, fu messo ai ceppi ed imbarcato su di una nave fenicia. Ecco quella era la storia della sua ultima disgrazia.Ora era lì in catene ai remi di una nave fenicia, nei pressi di Salamina. Nelle sue reminescenze, storiche, quel nome di località gli era familiare, c'era stato uno scontro navale tragico per i persiani, ed i fenici erano loro alleati. Improvvisamente il ritmo del tamburo aumentò d'intensità, riportandolo fuori dai suoi pensieri, nella cruda realtà, la frusta sibilò, colpendolo sulla schiena, Kenzo!!, sbraitò l'aguzzino, quello era il nome con cui lo chiamavano. Poi ancora un pensiero, era capitato nella battaglia sbagliata, dalla parte perdente, e si ricordò di un pulcino nero, che si lamentava sempre, ed in quel momento provò un senso di simpatia per lui. Un fragore uno schianto di legni sfondati, e l'acqua era gia alla sua gola, i ceppi…i ceppi… le sue caviglie erano serrate, ma nella tragedia, il rostro della trireme ateniese, che l'aveva speronati, aveva tranciato la chiusura, e con un ultimo sforzo Enzo si liberò. Nuotando spasmodicamente si allontanò dal gorgo dell'affondamento, mentre l'aguzzino, urlava Kenzo!..Kenzo!, ma quella volta era per implorare aiuto; Enzo si voltò, lesse per un istante nei suoi occhi tutta la paura per la morte imminente, quasi fu mosso a compassione, ma la sua mano contemporaneamente incontrò una frusta che galleggiava, ancora gli doleva la schiena, e poi il codice diceva di non interferire. Girò il suo sguardo verso il cielo, mentre la voce taceva per sempre.

 

  DI  ENZO

Il loro arrivo ai piedi della città fu preannunciato dal ridondare dei corni da guerra.
Un manipolo di cavalieri a cavallo si lanciò all’assalto per sconfiggere questo inatteso quanto raccapricciante invasore.
Kanto-pi ricordandosi di alcune perle di saggezza del suo Maestro, decise che la difesa migliore era l’attacco.
Ma un’attacco che doveva essere decisivo, totale definitivo. In modo da scoraggiare qualsiasi ulteriore velleità di recargli danno.
Pensò velocemente a cosa potesse terrorizzare maggiormente questo popolo di normal ..e si ricordò dell’effetto avuto con il primo attacco che aveva subito qualche ora prima.
Concentrandosi sulle dune di sabbia che circondavano la città, fece sorgere centinaia di enormi cobra dalla lingua sibilante alti oltre 30 metri l’uno.
Con questi guerrieri avanzò verso la città e coloro che volevano arrecargli offesa.
Dopo un attimo di smarrimento i cavalieri si divisero in gruppetti per riuscire meglio ad eludere i cobra. Ma nulla potere con la terribile forza di Kanto-pi.
I serpenti di sabbia ….serpeggiavano.
Le lingue sibilanti ..sibilavano.
Ed i cavalieri ..cavalcavano…ma la sabbia sotto i loro zoccoli si trasformava in Cobra che li sollevavano e li disarcionavano facendoli cadere da un’altezza di oltre 10 metri.
In breve della gloriosa armata non rimase traccia.
I COBRA di sabbia si disposero a questo punto dietro di lui ed insieme avanzarono verso la città indifesa.
Il resto è storia che i bambini studiano ancora ..e ancora .. e ancora ( maledicendo i protagonisti ) .
I sacri testi narrano le gesta di Kanto-pi che in breve divenne prima re e poi imperatore di un’impero sconfinato a cui nessun nemico poteva resistere.
Insieme al potere venne la ricchezza, ed insieme a questa …i rimpianti.
Il rimpianto del suo mondo che più non rivedrà, delle sue angeliche amiche dispensatrici di “tiramisù”.
Si..lì tutti lo adoravano…ma era un’adorazione mista a terrore.

Ma quello che lo fece decidere fu quella volta che osservava dal suo palazzo faraonico dei bambini rincorrersi nel selciato polveroso di un cortile.
Bambini..-pensò- come sarebbe stato bello avere una moglie e dei figli.
Ma ..purtroppo..il suo fisico deforme non gli consentiva di averne.
Mentre il suo sguardo si volgeva in basso, scotendo tristemente la testa ,pensò : “ che triste destino …essere capace di alzare con la forza del pensiero macigni di diverse tonnellate.. ed invece non poter…”
Ma questi neri pensieri furono interrotti improvvisamente da una decisione folgorante : Devo riuscire a ritornare nel mio mondo”….solo una dieta unicamente a base di tiramisù poteva ( FORSE )portare giovamento al suo problema.
Pertanto cominciò a radunare tutte le sue conoscenze che aveva appreso dal suo GRANDE MAESTRO ( che di questi problemi non ne aveva ) e progettò una macchina che potesse distorcere il continuum spazio temporale e riportarlo nella sua sospirata palude.

 

   DI  SILVY

 

UNA ROSA A DICEMBRE
Lettera a Dio

Ho speso metà della vita a cercarti
Ti ho cercato in ogni persona che ho incontrato
Ho sperato di conoscerti in ogni libro che ho letto
Ti ho intravisto, nelle bellezze del creato, ma sei subito fuggito
Ho creduto d’incontrarti nell’esperienze che ho fatto
Ti ho immaginato e cancellato molte volte
Ho cercato di fare a meno di te
Ti ho pregato di aiutarmi a comprendere
Ho chiamato il tuo nome ma non mi hai mai risposto
E quando ormai avevo perso ogni speranza
Ti ho trovato
Eri dentro di me
Ed ora ti vedo ogni giorno negli occhi di mio figlio
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