Notizie storiche LORENZANA Il
territorio comunale di Lorenzana si estende per 19,42 kmq nell'alta
valle del fiume Tora, sul versante orientale della valle di
Collesalvetti. E diventato comune autonomo con le leggi leopoldine.
Sotto la signoria dei vescovi di Pisa fin dal X secolo epoca alla quale
risalgono le prime notizie che la riguarda no, Lorenzana viene
menzionata come castello, nel 1131, in una bolla di papa InnocenzoII.
Passata sotto il dominio della repubblica pisana, fece parte del
capitana delle Colline Superiori, il cui capoluogo era Lari. Nel 1406 si
assoggettò alla repubblica fiorentina e nel 1416 redasse i suoi
statuti, uniti a quelli di Crespina. Due sollevazioni una del 1431 e una
del 1494, tentarono invano di cacciare i fiorentini, che ne mantennero
il dominio. Nel 1722 Cosimo III concesse Lorenzana in feudo, con il
titolo di contea al nobile fiorentino Francesco Lorenzi. Nel 1783,
estintasi la discendenza, Francesco Orlando Lorenzi la riconsegnò al
granduca, che poco dopo la eresse in comunità autonoma. Seguì quindi
le vicende dello Stato toscano fino all'unità d'Italia. Nel passato
Lorenzana era un centro prevalentemente agricolo e i suoi prodotti
principali erano olio, vino, granaglie e frutta; le colline erano
ricoperte dì pascoli naturali e di boschi cedui, ridotti, negli ultimi
due secoli, quasi interamente a coltura. Un'altra fonte di reddito era
costituita dall'allevamento, Cui era collegata anche una fiera annuale
del bestiame. Per quanto concerne l'economia attuale, l'agricoltura, in
costante diminuzione dalla seconda metà del secolo, fornisce ancora
cereali, olive e uva da vino. Le attività industriali, che assorbono la
quota maggiore della popolazione attiva, risultano abbastanza variegate,
con aziende operanti nei settori alimentare (produzione di salumi,
industria enologica), dell'abbigliamento e accessori (bigiotteria),
calzaturiero, del mobile. La popolazione del territorio comunale
ammonta, nel 1991, a 1.030 unità, con una densità pari a 53 abitanti
per kmq. Lorenzana contava 345 abitanti nel 1551 e 817 nel 1745. Un
discreto incremento demografico si è verificato nel corso
dell'Ottocento e del primo Novecento: le 1.294 unità del 1830 passano
;infatti a 1.491 nel 1881 e a 1.651 nel 1936; in epoca più recente si
è assistito invece a un'inversione di tendenza e il numero dei
residenti è sceso a 1.556 nel 1951, 1.279 nel 1961, 934 nel 1971 e 938
nel 1981.
Emanuele Repetti SOCIO ORDINARIO DELL'I. e R. ACCADEMIA DEI GEORGOFILI A.D. 1833 1776.
- La chiesa attuale ha una sola navata, lunga braccia 30, e larga braccia
15, con un'abside
ottagona del
diametro di 7 braccia. Il paese è attraversato da una lunga strada di
fianco alla quale si trovano
molte botteghe di artigiani e di varii mestieri utili ai bisogni della
vita, non tanto per gli abitanti
del villaggio, ma ancora dei luoghi circonvicini. - In capo alla strada
medesima avvi una grandiosa
villa della nobil famiglia Lorenzani di Pisa, la quale è credibile che di
costà derivasse il suo cognome. Movimento
della popolazione del VILLAGGIO di LORENZANA e ville annesse, a tre epoche
diverse, ANNO
1551: Impuberi maschi -; femmine -; adulti ANNO
1745: Impuberi maschi 61; femmine 63; adulti ANNO
1833: Impuberi maschi 62; femmine 64; adulti Comunità
di Lorenzana, - II territorio di questa Comunità occupa 5761 quadrati
agrarii, de'quali 329 quadrati
sono presi da corsi d'acqua e da pubbliche strade. Vi si trovava nel 1833
una popolazione di 1284
abitanti, corrispondente a 190 individui per ogni miglio quadrato di suolo
imponibile. - II suo
territorio confina
con quattro comunità. Verso ostro e libeccio tocca quella di Orciano; dal
lato di scirocco
e in parte di levante, ha di fronte la Comunità di Santa Luce; seguitando
da levante e comprendendo
il lato di grecale confina con la Comunità di Lari, verso settentrione,
mentre dalla parte di
ponente tocca la Comunità di Fauglia. Serve da confine da ostro a
libeccio fra la comunità di
Lorenzana e quella
di Orciano il borro della Valle di S. Biagio, quindi i termini artificiali
fino al poggio Gaddo, dove è posto il segnale dei tre termini, perché costà termina il
confine della Comunità di Orciano e sottentra quello della Comunità di Santa Luce, con la quale
Comunità l'altra di Lorenzana,
dirigendosi da ostro a levante-grecale s'inoltra lungo la strada che per
le Case nuove conduce a Santa Luce
sino a che al luogo appellato.il Molinaccio, passando il ponte sul fiume
Tora sottentra la
Comunità di Lari.
Con questa cavalca il fosso del Giunco Marino presso al suo sbocco in Tora,
e di là sale
il poggio alle Tarpe che riscende dal lato del torrente Borra, il quale
attraversa per risalire il colle
Biciocchi dirimpetto al casale di Colle Alberti. Finalmente, rientrando pel rio
della Macera, nel torrente
Borra, progredisce lungh'esso sino alla confluenza dell’Ecine, presso
dove il torrente Borra prende
il nome di fiume Isola. Varca anche quest'ultimo per andare incontro alla
strada che dal Pian dell 'Isola conduce a Sant 'Elmo, lungo la quale le due
Comunità camminano di conserva sino a che, pel
rio di Cometa,
montano da ponente a levante alla così detta Casa al Bosco. A questo
punto, cambiando esse
direzione da levante a settentrione-grecale, entrano nella strada che
guida da Tremoleto a Lari, quindi
passano a grecale del poggio di Vicchio fino al luogo di campo Lungo. Qua
cessa la Comunità di
Lari e comincia l'altra di Fauglia, e insieme con questa la nostra di
Lorenzana s'incammina di conserva
per il rio di Valle Putida sino passato il mulino dell "Isola, dove
cavalca il fiumicello di questo nome; finché voltando faccia
da grecale a maestro, entrambi i territorii fronteggiano lungo la
via di Gagliano,
quindi per la fossa Dogaja e finalmente per le Mortete, per dove arrivano
al mulin nuovo de'Lorenzani
sul fiume Tora. Passata questa fiumana i limiti delle due Comunità si
trovano sulla via
regia maremmana, e costà voltando da maestro a ponente percorrono per
termini artificiali, rasentano in parte
la via vicinale di Santo Regolo, sino al luogo chiamato la Chiaratana,
presso cui trovano il borro di Colle Pinzuti e con esso entrano in quello
della Valle di S. Biagio per andare a ritrovare
la pietra dei tre termini sul confine della Comunità di Orciano. Fra i
principali corsi di Acqua che
attraversano la Comunità di Lorenzana havvi il fiumicello Torà, e quello
dell'Isola, il di cui primo tronco porta il titolo più modesto di
torrente Borra. - Fra le strade commutative rotabili che passano per
il medesimo territorio, hawi quella che staccasi dalla regia maremmana
alla Torretta per inoltrarsi a
Tremoleto e Lorenzana; e di costà parte un altro tronco di strada per le
colline di Colle Alberti, dove essa diramasi in due vie vicinali
che una di loro dirigesi verso maestro, mentre l'altra verso grecale guida
a Tripalle e Sant'Ermo . Le nozioni geognostiche della Comunità di
Lorenzana furono pubblicate sino
dal 1833, nel principio del Tomo I. della Storia naturale di tutte l'Acque
minerali di Toscana, dal professor
Giuseppe Giulj nativo di Lorenzana, allorché egli trattar volle
dell'acqua minerale del Bagnolo
del Giunco Marino, spettante a questa Comunità. Che però, io mi credo in
dovere di preferire le
osservazioni del prenominato professore naturalista, come di uno
scienziato che ripetutamente visitò questo
suolo, per giovarmi in proposito delle sue stesse parole. "La Comunità
di Lorenzana ha il suo territorio
per la maggior parte di sedimenti antichi marmi, trovandovisi una gran
quantità di spoglie di esseri organici, i quali non possono vivere che
nell'acque salse; e specialmente di tal natura sono quasi tutte le colline
(pisane). La parte pianeggiante poi è stata prodotta dalle alluvioni
moderne delle acque torbide del fiume Tora, dal torrente Borra e dai loro
piccoli influenti. La Borra entra nel Fosso nuovo che
si trova al Nord-Est di Vicarello nella pianura pisana, dopo aver preso il
nome d'Isola". "Verso il levante
vi sono i monti di Gello Mattaccino, che si uniscono con quelli di Santa
Luce, i quali s'inoltrano verso il mezzo giorno, e sono composti di pietra calcarea
compatta bigia. Si sa che alla base dei monti si trovano le colline, ed in quelle appunto che formano la base
dei monti di Gello, vi ha origine
un torrentello, che è chiamato Giunco Marino; il quale in tempo di
pioggia accresce colle sue acque le piene della Tora, ove influisce presso
il mulino che si trova nella parte superiore del piano di Lorenzana.
Questo torrentello ha il principio il suo alveo incassato dentro rocce
calcaree della natura stessa di
quelle dei monti che sovrastano alla sua origine, ed in seguito se lo è
scavato dentro il terreno di
"alluvione". Sulla parte sinistra del Giunco Marino, circa 40
braccia distante dal punto dove influisce
nella Tora, vi è una piccola cavità artificiale, praticata fra il letto
ghiajoso, di circa un braccio e
mezzo di profondità, che resta ripiena d'acqua minerale fino alla metà.
L'acqua di questa scaturigine non viene dal fondo della vasca, ma dagli
strati laterali delle pareti della parte opposta a quella che riguarda
l'alveo del torrente, ec." Dall'analisi fatta dal Professor Giulj
risulta, che l'acqua minerale del Giunco Marino è della natura
di quelle leggermente feruginose, gassose e fredde, poiché il termometro,
che all'aria libera segnava gradi 16, tenuto immerso in detto bagno
segnò una temperatura di soli 12 gradi.
Lo stesso naturalista raccolse 8 centesimi del suo volume di
gas-acido-carbonico da once 25 di detta acqua, dalla qual dose egli
ottenne grani cinque d'idroclorato di soda (sai comune), grani tre d'idroclorato
di calce, grani otto di carbonato di soda, di quello di calce grano due, e
di carbonato di ferro grani uno. -
Totale gr. 19 di sale in 14400 grani di acqua". I prodotti di suolo
più abbondanti della Comunità
di Lorenzana consistono in olio, in vino, in granaglie ed in frutti d'ogni
specie che si esitano in gran parte a Livorno.- Pochi sono i prati
stabili, minori i boschi cedui, e vi mancano affatto quelli di alto fusto.
Gli antichi pascoli e i boschi comunali sono stati pressoché tutti
ridotti a coltura. Essi nel
secolo XVI cominciavano verso Colle Alberti dal mulino di Palancita, e per
la Torella insino al pie del poggio di Fontana seguitavano per la strada
che porta pel Gabbro e Colognole, e di là sino a S.
Giusto. Si faceva una volta in Lorenzana un mercato ogni giovedì. Vi si
pratica tuttora una fiera di bestiame,
di pannine e mercerie nei giorni 24 e 25 agosto all'occasione della
festività del santo titolare della
pieve. - La Comunità mantiene un medico chirurgo e un maestro di scuola.
Il suo giusdicente tanto per il
civile come per il criminale è il vicario Regio di Lari, dove si trova
pure la sua cancelleria commutativa e l'ingegnere di Circondario.
L'ufizio dell'esazione del Registro e la conservazione dell'Ipoteche sono
in Livorno; la Ruota in Pisa. QUADRO della popolazione della Comunità di
LORENZANA a tre epoche diverse. - nome del luogo: LORENZANA e Ville
annesse, titolo della chiesa: SS. Bartolommeo e Cristofano (Pieve), diocesi cui appartiene:
Pisa, abitanti anno 1551 n° 249, abitanti anno 1745 n° 575,
abitanti anno 1833 n° 931 - nome del luogo: Tremoleto, titolo della
chiesa: SS. Fabiano e Sebastiano
(Pieve), diocesi cui appartiene: Sanminiato (già di Lucca), abitatiti
anno 1551 n° 96, abitanti anno
1745 n° 242, abitanti anno 1833 n° 353 - Totale abitanti anno 1551 n°
345 -Totale abitanti anno 1745 n°
817 - Totale abitanti anno 1833 n° 1284 TREMOLETO in Val di Tora. - Villa già Castello con chiesa parrocchiale (SS. Fabiano e Sebastiano) e gli annessi di S. Lorenzo a Colle Alberti e di S. Lucia a Gerle, nell'antico piviere di Tripalle, Comunità e quasi un miglio toscano a maestro di Lorenzana, Giurisdizione di Lari, Diocesi di San Miniato, una volta di Lucca, Compartimento di Pisa. Risiede in una collinetta cretosa alla destra del fiumicello Torà, fra Lorenzana e Fauglia, sulla strada rotabile che per Tripallo guida a Lari. Si fa menzione di cotesto villaggio nella visita diocesana fatta nel 1203 da Giovanni vescovo di Lucca. Appellano altresì al Comune di Tremoleto due istrumenti del 16 maggio e 2 novembre del 1334 relativi a vendite di terre poste nella corte di Tremoleto delle colline superiori pisane. La chiesa attuale di Tremoleto fu edificata di pianta nel 1787, ed il luogo dell'antica fu ridotto ad uso di camposanto. La sua parrocchia confina a levante con la cura di S. Ermete, a ostro con quella di Lorenzana, a settentrione grecale con il popolo della pieve di Tripalle, ed a ponente maestrale con la cura di Fauglia. Essa è bagnata a levante dal torrente Borra, a settentrione dalla fiumana Isola, a ponente dal torrente Rio; e a ostro dal fiumicello Torà. Il Castello o Villa di Tremoleto si sottomise al Comune di Firenze nel 25 ottobre 1406; che sebbene riescisse ai Pisani 90 anni dopo di rioccuparlo, nell'anno stesso, di novembre, fu ritolto dai primi che fino dal 1407 lo avevano sottoposto al potestà di Crespina dipendente per la giurisdizione politica e criminale dal vicario di Lari. La parrocchia de'SS. Fabiano e Sebastiano a Tremolato nel 1833 contava 353 abitanti. COLLE
ALBERTI in Val di Tora. Villa già castelletto con parrocchia (S. Lorenzo)
succursale della pieve
di Tripalle, dalla quale è distante 3 miglia toscane a ostro, stata
annessa fino dal 1635 alla cura di Tremoleto
nella Comunità e appena 1/2 miglio toscano a levante di Lorenzana,
Giurisdizione di Lari, Diocesi
di Sanminiato, già di Lucca, Compartimento di Pisa. Risiede in una
collinetta sul torrente Borra fra i Monti
livornesi e le Colline pisane di S. Ermete e Casciana. A pie della collina
di Colle Alberti dal lato di levante
si trovano le rovine di un'antica chiesa, che appellavasi S. Lucia di
Gerle, e che dipendeva dallo
stesso piviere di Tripalle. VICCHIO DI LORENZANA. - Casale fra Tremoleto e Tripalle dove fu una chiesa (S. Stefano) filiale della pieve di Tripalle, ed il cui comunello più tardi venne riunito alla contea, ora Comunità di Lorenzana, nella Giurisdizione e circa 4 miglia e mezzo a libeccio di lari, diocesi e Compartimento di Pisa. Risiede sopra una collina, per la quale si va da Tremoleto a Lari presso al confine della Comunità di Lorenzana con quelle di Lari e di Fauglia sopra la ripa destra del torrente Isola e poco lungi da alcune case coloniche della tenuta di Belvedere di Crespina. La chiesa di S. Stefano a Vicchio è rammentata fra le altre in una carta dell'Archivio Diplomatico di Firenze del 21 settembre 1211 rogata nel cimitero della pieve di Tripalle. Anche un istrumento del 31 marzo 1225, rogato nella curia di Tremoleto, tratta della vendita di un pezzo di terra posto nei confini di Vicchio e Tremoleto. La chiesa di Vicchio sussisteva ancora nel principio del secolo XVI, nel qual tempo cotesto castelluccio era sottoposto alla potesteria di Crespina innanzi che fosse assegnato alla contea di Lorenzana. Infatti nella statistica del 1551 il comunello di Vicchio di Lorenzana contava 5 famiglie con 21 abitanti. ..com' era Lorenzana oltre cent'anni fa prima del terremoto avvenuto poco prima delle 13:00 del 14 agosto 1846 descritto così dal geologo Leopoldo Pilla
Lorenzana Seguito immediatamente il disastro, mi recai a visitare i paesi più danneggiati e che sono a Pisa più. vicini. Movendo da questa città per Lorenzana, tutt'i borghi e gli edifìzi che sono nella pianura mostravano di non avere sofferto dalla scossa più che la città di Pisa. Nel luogo detto la Torretta, si cominciano a vedere le prime ruine cagionate dal disastro. Ma già a quel luogo principiano i primi colli subappennini, composti di molassa e sabbie ( tufo ) e di mattaione. Fra Luciana e Lorenzana, nel fondo di una vallicella, occorrea di vedere uno de' più curiosi effetti cagionati dalla scossa. Ne' lati della strada che conduce a Lorenzana sono alcuni campi coltivi, in mezzo a'quali si osservavano in più siti alcune strisce rilevate di terreno di un bel colore azzurrognolo, che facea contrasto col colore grigio smorto de' campi. In quelle strisce si vedeano aperte numerose e piccole cavità in forma d'imbutini regolari, di un diametro variabile fra un pollice ed un piede. Alcuni di questi imbuti versavano a modo di pollini dell'acqua mista con sabbia azzurra, la quale accumulandosi ne' lati avea prodotto le strisce di cui si parla; altri poi erano allora vuoti ed inattivi. L'acqua che versavano era fredda, potabile, ed in qualche sito leggermente ferruginosa. Tanto le strisce che i pollini erano allineati in una direzione allungata, la quale io trovai essere tra N. 48° a 70° O. Siccome la formazione di queste strisce acquifere è stato uno de' più curiosi fenomeni prodotti dal tremuoto Toscano, ho stimato bene di rappresentarle nella seguente figura Fig II aa — Sono i pollini veduti in piano, di figura imbutime perfetta, e circondate da strie raggianti bb— È la striscia, su la quale si trovavano i pollini, veduta di profilo.
Questi curiosissimi sgorghi sotterranei erano indubitatamente effetti dell' azione del tremuoto, di che rendevano fede lo stato di loro freschezza, e le assicurazioni de' paesani, che quei pollini per lo innanzi non vi comparivano affatto. Quale era mai la loro origine? Come prima gli vidi, compresi subito ch' erano tanti pozzetti artesiani prodotti dalle rotture del suolo. La pruova evidentissima di questa loro dirivazione si è, che tutti si vedeano situati nel fondo delle vallicelle aperte tra' poggi subappennini, e non mai sull'alto di essi poggi. La loro origine adunque si spiega bene ponendo, che il tremito avea prodotto profonde crepature, le quali aveano fatto comunicare con la superficie i fili di acqua sotterranei che prima erano chiusi tra gli strati terrestri. Io non m'intratterrò a dire lungamente della origine di detti sgorghi di acqua, perché dovrei parlare della origine de'fonti artesiani, la quale è generalmente conosciuta. Nondimeno, per appagare la curiosità di coloro che non hanno conoscenza di questo fenomeno naturale, indicherò qui la teorica generale de' pozzi artesiani, secondo che l' ho esposta in un altro mio opuscolo pubblicato in questa anno. L'opinione la più probabile intorno all'origine de'pozzi artesiani si è, che tra gli strati profondi del Globo havvi de'corsi d'acqua, i quali si partono da luoghi elevati e discendono nelle parti basse. Allorquando dunque un foro «artesiano fa spicciare una vena d'acqua alla superficie del suolo, questo foro può esser considerato come una branca verticale di un sifone, di cui l' altra sia più o meno inclinata. L'acqua monta nella branca artificiale per la pressione della sua colonna ch'è nella branca naturale: quindi l'ascensione in quella è in ragione dell'altezza di questa.Le condizioni necessarie alla produzione di corsi d'acqua sotterranei ed alla riuscita de' pozzi artesiani sono due, cioè la composizione del suolo, e le, circostanze di livello di questo.« Perché le correnti acquose sotterranee possano circo lare si richiede che sieno poste in uno strato permeabile compreso fra due impermeabili. Le sabbie sono le materie più permeabili conosciute. Le argille sono impermeabili. Quindi un terreno il quale presenta una successione di strati di sabbie e di argille, è il più favorevole alla riuscita di un pozzo artesiano. Un suolo che ha difetto di strati argillosi non è acconcio ad operazioni di tal sorta. Le circostanze topografiche necessarie al buon successo di un pozzo artesiano si riducono a questa, che il traforo dev' esser fatto nella parte bassa di una pianura cinta da eminenze più o meno lontane , dalle quali gli strati si abbassino verso il sito del pozzo. Un altipiano isolato, i punti elevati dei bacini idrografici, non possono promettere una favorevole riuscita. Per la ragione che si è detta di sopra i terreni più acconci a' fori artesiani sono i terreni terziari ; primamente perché contengono quasi sempre strati alternanti di sabbie e di argille; appresso perché questi strati sono raramente rotti e di slogati; per ultimo perché presentano spesso la forma di bacini » Ciò posto, immagini il lettore che le aperture le quali fa Parte col succhiello le abbia quivi fatte la natura cogli squarci del suolo, e comprenderà di leggieri l'origine di que' curiosi pollini. Le circostanze necessarie alla riuscita de' pozzi artesiani, e che sono indicate nel passo su riferito, occorreano tutte nel sito dove il fenomeno si manifestava. Le polle scaturivano nel fondo di vallicelle coronate da eminenze, le quali sono composte di strati di sabbie e di argille terziarie : quindi non mancava che un'apertura nel suolo per fare spicciare alla superficie i corsi di acqua sotterranea, ed ecco quel che ha fatto la natura collo scuotimento del suolo. Ed affinchè si possa meglio comprendere l'origine del fenomeno descritto, cercherò di esprimerlo in una maniera sensibile nella figura presente.
Fig. IV. Supponiamo Io strato a b composto di sabbia porosa capace di dar passaggio all' acqua, e supponiamolo situato tra due strati di argilla impermeabile. L'acqua che cade in a filtra a traverso lo strato poroso ab e discende nella parte più bassa di questo. Se si viene a fare una apertura in d c, la quale dia libero passaggio all' acqua contenuta in a b, ne segue che l' acqua monta in d c per la pressione della sua colonna ch'è nella branca più alta a d Si vuole una pruova più convincente di questa origine de' pollini descritti? É facile ritrovarla in questa circostanza , ciò è che i detti pollini non si produssero se non nel fondo delle colline composte di sabbie e mattaione; laddove in quelle composte unicamente di mattaione non se n'è veduto pur uno, per la ragione che ci mancano gli strati di sabbie necessari alla filtrazione delle acque (1). (1) II Sig. de la Bèche, nel suo ben conosciuto Manuel Géologique, fa menzione dì parecchi pollini circolari affatto simili a quelli descritti di sopra, i quali furono prodotti da' tremuoti che agitarono la provincia di Murcìa nel 1829, ed il Capo di Buona Speranza nel 1809. Cita ancora quelli più grandi che si formarono nelle pianure della Calabria nel tremuoto del 1783. E dipoi dice sembrargli difficile la spiegazione di questi pollini e delle acque che danno fuori ( art. tremblemens de terre ). Io credo che la loro origine sia precisamente quella che ho di sopra indicata. Le fessure le quali hanno fatto spicciare le vene di acqua doveano essere molto profonde, perché mi fu detto ch' essendosi scavato un pozzo in que' campi alla profondità di 22 braccia non si era trovata né pure l' acqua d' infiltrazione. Ecco uno degli utilissimi frutti che si può trarre dal disastro. Poiché i proprietari di que' terreni sono ora fatti accorti trovarsi nelle parti sotterranee dei loro campi de' corsi di acqua, i quali si possono fare scaturire alla superficie con trafori artesiani.Io esaminai di quelle strisce acquifere che occorrono in vari siti. In una di esse contai fino a 24 imbutini tra grandi e piccoli. E debbo aggiungere che quelle nuove sorgive avevano dovuto essere così copiose nelle colline circostanti, che aveano prodotto delle correnti di acqua in due torrenti, nella Borra e nella Tora. Delle quali la prima era secca da Maggio in qua, e la seconda tenea solo un po' di acqua stagnante Di che natura era la sabbia ch' esciva fuora coll' acqua? Rispondo essere la medesima di quella che occorre in tutto il terreno dintorno. Era stato osservato che quella sabbia facea fosforescenza sui carboni accesi nell'oscurità, e credeasi quindi che fosse una sabbia particolare rigettata dall' azione del tremuoto. Io ho trovato che tutte le sabbie della superficie di quelle colline hanno, quali più quali meno, la medesima proprietà. La molassa per es. su cui è fabbricato il paese di Lorenzana, quella sottoposta alla panchina di Luciana, dopo essere stata sfarinata se si mette sopra i carboni ardenti presenta la medesima curiosa proprietà ad un grado eminente. Adunque la fosforescenza della detta sabbia é un fenomeno indipendente dall'azione del tremuoto. Ad ogni modo, siccome questo carattere innanzi non si conoscea nelle sabbie terziarie delle colline Pisane, ho voluto esaminarlo con qualche particolarità. La sabbia di cui si parla è di colore grigio verdiccio ed è composta di grani minutissimì. Esaminata con la lente i granellini compariscono in gran parte di color bianco ialino, in parte di color verdiccio. Trattata cogli acidi fa una viva effervescenza , ma è in gran parte insolubile ne' medesimi. I grani che rimangono dopo l' azione degli acidi sono della medesima natura di quelli che si osservano prima di questo trattamento. I grani bianchi ialini sono certamente di natura quarzosa; i grani verdicci sembrano simili a quelli che occorrono nell' arenaria verde, ed io credo che sieno ofiolitici. La fosforescenza che queste sabbie presentano è di un colore lievemente verdiccio e più o meno vivace, e rassomiglia a quella della calce fosfata .Qual è dunque la causa di questo fenomeno ? Confesso francamente di non averla potuta ancora conoscere. Ho fatto ricerche col cannello per vedere se il fenomeno dimasse da piccoli grani di fluato o fosfato di calce, che sono le principali sostanze le quali hanno la proprietà additata : ma i saggi sono riusciti negativi . Il distinto giovane sig. Giamboi ha avuto la bontà di esaminarla per via umida, affine di veder meglio se contenesse del fosfato di calce; ma i risultamenti che ha ottenuti sono stati ancora negativi. È necessario dunque di fare nuove ricerche, le quali poiché sono straniere al soggetto di questa scrittura , le riserbo ad altro tempo. Solamente vo' qui indicare alcune curiose osservazioni da me fatte sopra i diversi gradi di fosforescenza delle sabbie delle colline Pisane, e di altri luoghi prossimi a Pisa. Debbo intanto premettere che nella pianura di Livorno, e propriamente nel podere di Stagno, appartenente alla Mensa Arcivescovile di Pisa, si produsse ancora una fessura nel suolo, dalla quale uscì fuora una sabbia verdiccia simile a quella di Lorenzana, ma mescolata con piccoli frammenti di conchiglie. La lunghezza della detta fessura era di 12 braccia. La sua direzione N.43°O. Quando io la esaminai ella era in gran parte richiusa. Sabbia della molassa sottoposta al piccolo banco di panchina di Tremoleto. Di color gialliccio. La più fosforescente di tutte. Fosforescenza vivacissima, e quasi generale. Sabbia della molassa di Lorenzana. Gialliccia. Fosforescentissima quasi come la precedente. Sabbia della molassa sottoposta alla panchina di Luciana. Fosforescentissima come la precedente. Sabbia delle vicinanze di S. Pietro. Fosforescentissima come la precedente. Marna scistosa soprapposta alla sabbia precedente. Fosforescenza minuta, ma. vivace. Molassa di Capannoli. Molto fosforescente. Sabbia lenticolare di Casciana. Come sopra. Sabbia dell' arenaria miocenica di Monte Bamboli. Come sopra. Sabbia del macigno della Gonfolina. Come sopra. Sabbia rigettata dai pollini aperti nel podere detto Acciaioli vicino Luciana • Verdiccia. Fosforescenza poco meno vivace delle precedenti. La stessa raccolta nel campo del Casino del Serughi vicino a Lorenzana. Fosforescenza un poco meno attiva della precedente. Sabbia delle colline di Lari. Fosforescenza rarissima. Sabbia della molassa di Riparbella. Come sopra. Sabbia dell' Arno presa nel letto del Lungarno di Pisa. Appena qualche rarissimo granellino si vede fosforescente , dopo varie gittate sui carboni accesi. Sabbia rigettata dalla fessura del suolo al ponte di Stagno vicino Livorno. Come la precedente pochissimo o niente fosforescente. Sabbia della marina del Gombo alle Cascine. Non ha mostrato se non qualche granellino estremamente raro fosforescente. Sabbia della psammite di Vorno ne' monti di Pisa. Fosforescenza nulla. Da ciò sembra dedursi che il fenomeno di cui si ragiona diriva da grani di qualche sostanza particolare che sono mescolati al macigno ed alle molasse delle colline di Pisa, dove in maggiore dove in minor copia. Le fessure ed i pollini descritti, secondo che era stato già preveduto, a poco a poco si richiusero e scomparvero. Essendomi recato più volte a visitargli trovai che alcuni i quali aveano prima cessato di versare acqua erano tornati nuovamente attivi, e qualcuno ha continuato finora a dare acqua a bocca piena. Ma riprendiamo le nostre ricerche principali. In generale, dice saviamente Humboldt, il popolo non ha che conoscenze assai limitate sopra i grandi fenomeni di Natura; il quale gli attribuisce sempre a cause locali, e ovunque le scosse si propagano, ei teme subito la formazione di un vulcano. Ma egli è ben raro che l' evento giustifichi questo timore » (1).La stessa cosa è avvenuta nella occasione del tremuoto di Toscana. Già in sul primo accadere del gran disastro varie voci circolavano sopra gli accidenti che erano seguiti nel suolo di Lorenzana. Dicevasi essere scaturite colonne di acque termali, accompagnate da puzzo di bitume e di zolfo, coll' acqua essere venute fuora delle materie ardenti, nelle parti inferiori del suolo sentirsi terribili bollimenti, e tante altre storielle di simil genere. Quindi si credea universalmente che nelle vicinanze di Lorenzana si fosse manifestato un fomite vulcanico. E poiché la fantasia suole tutto esagerare in que' tristi momenti, si temea che questo novello fuoco destato nelle colline Pisane non avrebbe fatto avere più pace a' paesi della costa Toscana. Io sono lieto di avere avuto qualche parte nel dissipare dalle menti queste false idee, e nel restituire la calma ad una popolazione giustamente spaventata. Facile cosa mi fu di mostrare che i fatti accaduti nel suolo di Lorenzana erano semplici ed innocenti conseguenze dell'azione meccanica del tremuoto. Sì tosto come giunsi a Lorenzana io provai due sentimenti opposti. Da una parte rimasi inorridito alla vista del mucchio di ruine che rimanea di quel paese, e dall'altra poi ebbi un interno compiacimento ravvisando subito la riposta cagione di quell'eccidio. Io credea assolutamente di essere nel paese di Castiglione presso Cosenza, quando fui incaricato dal Governo di Napoli di esaminare gli effetti de' tremuoti che desolarono le Calabrie nel 1835. Come le osservazioni de' fenomeni naturali si rispondono bene quando si studiano diligentemente le leggi generali di tali fenomeni! Entrambi i paesi sono situati sopra un poggio prominente composto di terreno subappennino. Entrambi sono fabbricati sopra banchi di sabbia poco addensata, granitica nel paese di Calabria, calcarea nel Toscano ; in entrambi i luoghi si trovano i medesimi nicchi marini. Ebbene ! entrambi sono soggiaciuti alla medesima sciagura, entrambi, se così posso dire, hanno pagato il fio della loro ardita posizione. Nella collina su cui è posto quel paese mi furono fatte osservare diverse screpolature longitudinali del terreno, le quali aveano tutte la solita direzione da maestro a scilocco. Fra' vari effetti cagionati dal tremuoto in quella collina medesima notavasi questo, che la scossa avea staccato dal masso del tufo friabile diversi grandi pezzi di tale roccia ch' erano ruinati. Da ciò si può argomentare la debolissima difesa che quella roccia dovea fare contro l'impeto del movimento sotterraneo. La prima vista delle ruine di Lorenzana non mi permise di scorgere accidenti speciali degni di nota. Gli edifìzi mostravano tutti, quali più quali meno, l' imagine della devastazione. Ma a poco a poco cominciai a ravvisare qualche circostanza particolare ed importante in mezzo alla confusione prodotta dal flagello. Prima di tutto mi avvenne di osservare colà nuovamente un fatto, ch' io avea già notato nel paese di Castiglione in Calabria distrutto dal tremuoto del 1835. Esaminando con attenzione gli edifizi ruinati di Lorenzana si vedea che molti di essi non mostravano di fuora quasi nessun segno di grande ruina: ma quando si osservava il loro interno, molte soffitte comparivano nabissate e formanti una congerie di ruine. Mi basta citare ad esempio la bella casa dello Sgrilli, ch' era una delle più ragguardevoli del paese e ad un tempo delle più danneggiate : ella mostrava la facciata volta a ponente fuori di piombo per circa due braccia, ch' era terribile cosa a vedere ; ma teneasi ritta ed avea le finestre intere, laddove l' interno dell' edilìzio era tutto ruinato. La casa del Serughi mostrava il fatto medesimo. Siccome in questa parte del mio lavoro vo' limitarmi a registrare i fatti, per quindi dedurne a suo luogo le debite conseguenze, però non ommetterò di notare appresso se questa osservazione fu confermata negli altri paesi. Facendo di poi un confronto tra lo stato degli edifizi posti in cima delle colline di Lorenzana e quello delle case rurali situate nel piano delle vallicelle che intercedo no tra esse colline, era facile cosa di vedere una differenza notevolissima ne' loro guasti. I primi tutti fracassati senza eccezione: le seconde intatte quasi la maggior parte, ovvero poco lese. Anzi bastava levarsi un poco dal piano delle vallicelle per veder subito le case sul pendio delle colline devastate. Lorenzana prima del 1846
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